Rivoluzione nel mondo del telemarketing: per ricevere telefonate sul proprio cellulare a fini commerciali dagli operatori dei call center si dovrà fornire preventivamente esplicito consenso.
È questa la straordinaria sentenza che la Cassazione ha emesso in questi giorni in difesa dei consumatori ossessionati dagli squilli degli operatori pubblicitari.
Una rivoluzione perché, almeno per quanto riguarda il mondo della telefonia mobile, viene capovolto il principio dell’opt-out introdotto nel 2009 (e che già all’epoca era stato fonte di numerose critiche), principio in base al quale la telefonata è sempre lecita, salvo diniego dell’utente. L’opt-out vale, però, secondo la Suprema Corte, solo quando l’operatore di telemarketing chiama sulla linea fissa e sempre che non utilizzi i sistemi di selezione automatica delle chiamate, sistemi che portano al deprecabile fenomeno delle “telefonate mute”.
Ci spieghiamo meglio. Molte aziende usano un sistema che, per aumentare la produttività del call center, fa partire in automatico un numero di chiamate superiore a quello dei centralinisti, presupponendo che alcune vadano a vuoto; se la quota di destinatari che rispondono supera quella presunta dal sistema, alcune telefonate sono interrotte. Tuttavia, per l’utente che risponde alla cornetta, si presenta un fastidiosissimo effetto: subito dopo il “pronto chi parla?” non c’è nessuno a rispondere immediatamente; il telefonista, infatti, non fa in tempo all’immediata replica e, quindi, l’utente – già infastidito – deve attendere qualche secondo. Il che a volte porta anche a credere che, dall’altro lato del telefono, vi possa essere qualche malintenzionato.
Ebbene, secondo la Cassazione l’opt-out (“ti chiamo salvo tua contraria richiesta”) è possibile solo nelle chiamate fatte da operatore, senza ausilio di sistemi automatici. E il fatto che l’opt-out riguardi solo chi compare negli elenchi telefonici esclude che si possa chiamare a fini commerciali una persona sul cellulare senza il suo consenso.
Dunque, tutte le volte in cui l’operatore chiama su linee di telefono mobili oppure utilizzi, anche sulle linee fisse, gli strumenti di selezione automatica dei numeri da chiamare (con le conseguenti “telefonate mute”), vale l’opposto sistema dell’opt-in (“ti chiamo solo se hai dato il previo consenso alle telefonate commerciali”).
Secondo la Cassazione, la direttiva europea obbliga gli operatori di call center a rispettare il previo consenso, inequivocabile ed espresso, dei consumatori: un principio che si può derogare solo in casi isolati, e non di certo quando si chiama su cellulari o quando l’operatore fa partire, in maniera massima, più telefonate contemporaneamente grazie ai sistemi di selezione automatica dei numeri.
In sintesi, da oggi in poi, tutte le volte in cui riceverete una telefonata sul cellulare da un soggetto che vuole vendervi un nuovo contratto telefonico o una migliore offerta per la luce di casa, oppure tutte le volte in cui sulla vostra linea fissa, dopo aver risposto, dovrete attendere qualche secondo prima di sentire parlare qualcuno, saprete che potrete denunciare la società di call center al Garante della Privacy o al giudice se, prima di tale telefonata, non avete mai dato il consenso al trattamento dei vostri dati per fini commerciali.
Il Garante della Privacy ha detto, infine, no al web scraping, ossia quei software che scandagliano internet e riescono a prelevare, in automatico e in via massiva, i numeri di telefono degli utenti. Il Garante ha ribadito che elenchi di numeri telefonici si possono ricavare solo dal Data base unico (Dbu), l’archivio elettronico che raccoglie numeri di telefono e altri dati dei clienti di tutti gli operatori nazionali di telefonia fissa e mobile. Quindi ricavarli col web scraping è illegittimo.
(Fonte: www.laleggepertutti.it)